Cosa sono le comunità energetiche rinnovabili?

L’argomento delle comunità energetiche rinnovabili è più che mai attuale grazie al varo, lo scorso gennaio, del decreto attuativo relativo alle modalità di incentivazione per l’energia condivisa e le configurazioni di autoconsumo collettivo normate dal Decreto 199/2021, risalente all’8 novembre 2021.

Cominciamo dalle definizioni: le comunità energetiche rinnovabili (chiamate talvolta anche CER o energy community) possono essere definite come reti di consumatori e produttori di energia che si uniscono per generare, consumare e condividere energia proveniente da fonti rinnovabili. Tali comunità possono includere edifici residenziali, professionali, commerciali e industriali, aziende agricole e virtualmente qualunque entità abbia scelto di installare impianti di energia rinnovabile (come quelli solari, eolici o geotermici) per generare elettricità.

L’energia prodotta dalle comunità energetiche rinnovabili può essere utilizzata localmente dai membri della comunità stessa o, quando in eccesso rispetto alle esigenze, venduta alla rete elettrica nazionale.

Per quanto riguarda il processo di creazione di una energy community, la prima fase coinvolge l’istituzione di un’entità legale tra i potenziali membri della comunità, che come spiegato possono essere persone fisiche, piccole o medie imprese, enti locali o amministrazioni pubbliche. Poiché, per legge, una comunità energetica non può perseguire scopi di lucro, le forme giuridiche più comunemente adottate, per motivi di praticità e convenienza, sono quelle dell’associazione. Il passaggio successivo implica l’individuazione dell’area adatta per l’installazione degli impianti di produzione energetica, che devono essere sempre situati nelle vicinanze dei consumatori.

Gli obiettivi di queste iniziative sono facilmente intuibili: le comunità energetiche rinnovabili promuovono l’indipendenza energetica, la sostenibilità ambientale e un utilizzo più ottimizzato, ecocompatibile e consapevole dell’energia, oltre che ovviamente la condivisione delle risorse energetiche tra i vari membri della comunità stessa.

Queste informazioni di massima in merito alle CER sono fondamentali per comprendere i vantaggi significativi che esse possono generare, e spiegano perché la loro diffusione sempre più capillare è oggi auspicata e favorita praticamente in ogni parte del mondo.

Come nasce l’idea della comunità energetica rinnovabile?

La “storia” delle CER è ovviamente abbastanza recente – tanto che soltanto negli ultimi anni si è iniziato a parlare di vere e proprie energy community.

Tuttavia, le prime proto-comunità italiane di questo tipo possono essere ricondotte addirittura a fine Ottocento, con la nascita di piccole cooperative montane che avevano l’esigenza di vedersi garantito l’approvvigionamento energetico tramite la produzione locale di energia (è questo il caso della vera antenata delle CER attuali, la SEM – Società Elettrica di Morbegno, che venne fondata nel 1897 in Valtellina e che è attiva ancora oggi).

Lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili per come le conosciamo oggi ha invece avuto origine alla fine degli anni Settanta, con l’installazione di impianti eolici in Danimarca da parte di cooperative cittadine che desideravano promuovere la diffusione di energia pulita prodotta localmente. Il progetto venne considerato talmente interessante che, nel decennio successivo, comunità analoghe cominciarono a diffondersi anche in Belgio e in Germania.

Il vero boom delle CER è legato però alla liberalizzazione del mercato energetico che ha caratterizzato gli anni Duemila, e che ha inevitabilmente portato a una diffusione globale e sempre più consistente delle energy community più tecnologicamente evolute.

Qualche esempio? La Brooklyn Microgrid, fondata nel 2016 a New York, che permette ai cittadini di vendere e acquistare tramite app l’energia rinnovabile generata da una rete comunale locale; o il Grupo Creluz (nato nel 1999 a Rio de Janeiro), che possiede oggi sei impianti idroelettrici e genera energia per ben ventimila soci residenti nell’area.

I vantaggi di un Paese in cui si diffondono le comunità energetiche rinnovabili

La diffusione delle CER porta vantaggi non soltanto a livello locale, ma addirittura al Paese nel suo complesso, garantendo benefici di tipo economico, ambientale e sociale.

Prima di tutto, le comunità energetiche rinnovabili riducono la dipendenza da fonti energetiche fossili importate, contribuendo a garantire una maggiore sicurezza energetica per il Paese. Inoltre, l’impiego di energie rinnovabili aiuta a ridurre le emissioni di gas serra e mitigare i cambiamenti climatici, migliorando la qualità dell’aria, della vita delle persone e preservando l’ambiente.

Anche lo sviluppo e la gestione delle infrastrutture energetiche rinnovabili si rivela vantaggioso, poiché genera nuove opportunità di lavoro, promuove la crescita economica e riduce la dipendenza dai settori energetici tradizionali.

Le comunità energetiche rinnovabili consentono poi ai partecipanti di ridurre i costi energetici a lungo termine, poiché l’energia prodotta localmente è spesso più economica rispetto a quella fornita dalla rete nazionale. In più, possono migliorare la resilienza del sistema energetico nazionale, riducendo il rischio di interruzioni dell’energia causate da eventi estremi o da problemi nella rete elettrica nazionale.

Ultimo ma non certo per importanza è il vantaggio legato al coinvolgimento della comunità: le CER favoriscono infatti la sinergia tra i cittadini nella transizione verso un sistema energetico più sostenibile, promuovendo la consapevolezza e la partecipazione della comunità nei processi decisionali riguardanti l’energia.

Comunità energetiche rinnovabili in Italia: cosa dice Legambiente

Per quanto riguarda le comunità energetiche rinnovabili oggi disponibili in Italia, particolarmente interessante è il Rapporto 2024 “Comunità Energetiche Rinnovabili – Il Punto della Situazione in Italia” recentemente pubblicato da Legambiente, e che è possibile leggere per intero a questo link.

Attualmente, secondo i dati forniti dal GSE, sono state realizzate nel nostro Paese 154 forme di energia condivisa, comprese le CER e le configurazioni di autoconsumo collettivo. I numeri sono senza dubbio significativi, ma restano comunque frenati dal ritardo nell’approvazione di normative e agevolazioni specifiche oltre che da un iter burocratico da sempre piuttosto tortuoso.

Secondo una ricerca condotta grazie al contributo di numerose organizzazioni ed entità, tra cui AESS, Caritas, Become, il programma NextAppenino, La Sapienza, Regalgrid, la Fondazione con il Sud e il Banco dell’Energia, si stima infatti che sarebbero potute sorgere in tutta Italia ben quattrocento energy community in più, coinvolgendo una moltitudine di famiglie, imprese, enti del terzo settore, istituzioni religiose e amministrazioni comunali.

Questo è, in estrema sintesi, quanto emerge dal report Legambiente sulle Comunità Energetiche Rinnovabili in Italia, che evidenzia l’importanza di accelerare lo sviluppo di queste iniziative e di superare rapidamente le numerose sfide legate alle tipologie di tariffe incentivanti, alle configurazioni possibili (ad esempio, le normative attuali supportano lo sviluppo di appena 2 GigaWatt complessivi per le CER nei Comuni con meno di cinquemila abitanti), alla regolamentazione e incentivazione per il settore termico, allo scorporo in bolletta e allo snellimento delle pratiche burocratiche.

Le CER rappresentano infatti una vera e propria rivoluzione nel modello energetico, e tracciano la strada per una transizione energetica equa e sostenibile che coinvolge tutti, offrendo un’importante opportunità di sviluppo per le comunità locali.