Crisi energetica 2022: cos’è esattamente e a cosa è dovuta?
Negli ultimi mesi si sente quotidianamente parlare della crisi energetica che, nel 2022, ha colpito non soltanto il nostro Paese ma l’Europa intera.
Al fine di prendere decisioni informate in futuro, è importante comprendere le ragioni che hanno generato la situazione attuale e quali strategie potrebbe essere opportuno mettere in atto per far fronte agli ormai inevitabili aumenti dei costi dell’energia.
La premessa da fare riguarda il concetto stesso di crisi energetica. Cosa vuol dire esattamente?
Si definisce in questo modo una condizione nella quale la domanda di energia subisce un incremento e, contestualmente, la disponibilità di energia (e quindi la sua offerta) diminuisce. Va da sé che una situazione di questo genere è strettamente connessa anche a un incremento molto sensibile dei prezzi per i consumatori.
Le cause principali della crisi energetica europea: dalla guerra in Ucraina al cambiamento climatico
Il principale fattore che ha portato l’Europa ad attraversare l’attuale crisi energetica è senza dubbio la guerra scoppiata in Ucraina lo scorso febbraio.
In considerazione del fatto che il conflitto, sfortunatamente, non sembra essere per ora in via di risoluzione è ragionevole ipotizzare che la problematica delle forniture di energia continuerà anche nei prossimi mesi e, anche nell’ipotesi in cui la guerra dovesse terminare domani, sarebbe comunque necessario diverso tempo perché si verifichi un effettivo ritorno alla normalità.
Le sanzioni imposte dall’UE alla Russia come conseguenza di quanto sta accadendo in Ucraina hanno diminuito in modo sostanziale le forniture di gas provenienti da Mosca. Tale situazione ha messo in difficoltà diverse economie europee, inclusa quella italiana, che si caratterizza peraltro per una fortissima dipendenza dal gas naturale e dalle importazioni di combustibili fossili da altri Paesi.
Sono numerose le nazioni dell’Europa che si trovano oggi a fare i conti con vere e proprie fragilità strutturali e condizioni di dipendenza da altri Paesi per quanto riguarda la fornitura di energia. Per tutti, è quindi ora più che mai individuare modalità e fonti di energia alternative che possano sopperire a tale mancanza.
Allo stesso tempo, i sempre più visibili cambiamenti climatici cominciano a influire sensibilmente sull’economia europea e globale: nell’intento di individuare soluzioni a breve termine al riscaldamento globale, l’adozione di energie rinnovabili e di sistemi “puliti” come l’idroelettrico e l’eolico hanno subito contestualmente importanti rallentamenti.
A tale problematica va poi connessa quella della transizione energetica verso fonti prive di emissioni di gas serra – il cui oggettivo ritardo pone molti Paesi nella condizione in cui si trovano attualmente.
Prendiamo di nuovo come esempio l’Italia: la fonte prevalente di consumo nel nostro Paese, sia per la manifattura che per la distribuzione di energia, è il gas naturale, con percentuali rispettivamente del 76% e del 49% al 2019. Tali valori sono più ridotti in altre nazioni europee, che comunque si trovano oggi ugualmente in difficoltà.
Come l’UE intende rispondere alla crisi energetica?
Per quanto riguarda le soluzioni per arginare i danni causati dall’attuale crisi energetica, le ipotesi oggi sui tavoli europei sono molte e diversificate a seconda delle singole esigenze ed economie.
In Germania – la nazione che più di tutte importa combustibili dalla Russia – sono stati da poco chiusi per problemi tecnici tre dei sei reattori nucleari disponibili, e il governo ha recentemente dichiarato la propria intenzione di nazionalizzare Uniper, il più grande importatore di gas russo del Paese, rilevando il proprietario finlandese della compagnia, Fortum. Allo stesso tempo, Berlino sta riattivando anche il fondo di stabilizzazione economica già potenziato durante il COVID.
La Francia sembra orientata a seguire il medesimo paradigma attraverso la nazionalizzazione di Électricité de France (EDF), colosso energetico di cui lo Stato detiene comunque già l’84%.
E se, almeno al momento, non paiono esserci certezze inamovibili sul tetto al prezzo del gas, sono numerosi i Paesi europei che valutano o addirittura mettono in pratica il cosiddetto lockdown energetico, che consiste in azioni quali lo spegnimento delle vetrine dei negozi e la riduzione dell’illuminazione urbana; la posticipazione di qualche settimana dell’accensione del riscaldamento e la diminuzione delle temperature (di circa due gradi) all’interno delle case.
In Italia, l’edizione 2022 del periodico sondaggio IAI-LAPS offre qualche interessante spunto di riflessione: il 53% dei nostri connazionali indicherebbe oggi come prioritaria l’esigenza di garantire rifornimenti energetici. Nel 2021, questa percentuale si attestava soltanto all’11%.
Al momento attuale, l’autonomia energetica è quindi considerata come una priorità assoluta dal 23% degli italiani, prima ancora del sostegno all’economia e del contrasto all’emergenza climatica. Secondo gli intervistati, la direttrice da seguire è quella di una sempre più marcata diversificazione degli approvvigionamenti energetici e di una progressiva – ma rapida – decarbonizzazione.
A livello UE si continua invece a puntare moltissimo su REPower EU con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il prossimo 2030, così da soddisfare le esigenze di neutralità climatica per il 2050 come previsto dal Green Deal Europeo. Di questo argomento abbiamo parlato più in dettaglio in un recente articolo sul blog di Gelsia.