La prima scuola in Europa a essere riscaldata con un sistema a idrogeno si trova in Italia e, più precisamente, a Carpi, in Emilia-Romagna.

È la stessa Regione a rendere nota la notizia, spiegando che l’impianto a energia rinnovabile installato all’interno dell’Istituto d’Istruzione Superiore Meucci utilizza il 100% di fonti rinnovabili grazie all’impiego di pannelli solari, e produrrà un risparmio annuale di emissioni di CO2 in atmosfera pari a 717 tonnellate, equivalente a quello di seicento automobili: la quantità di gas serra assorbita in un anno da un bosco di ben 145 ettari (ossia grande come venticinque campi da calcio).

L’impianto destinato a questa scuola – un istituto pubblico – è stato finanziato dalla Provincia di Modena con un investimento pari a 350mila euro che verrà pienamente ammortizzato in circa dieci anni, dal momento che abbatterà le spese annuali di circa 40mila euro.

L’impianto a idrogeno dell’Istituto Meucci segna un punto di svolta per le scuole italiane

Così commenta la Regione Emilia-Romagna: “Rinnovabili e idrogeno sono due parole chiave nelle scelte dell’Emilia-Romagna: il Piano energetico triennale della Regione mette in campo 4,5 miliardi di euro risorse pubbliche per la transizione ecologica, a cui se ne aggiungono quasi altrettanti dai privati, e proprio sull’idrogeno è stato appena presentato un bando da 19,5 milioni di euro per produrlo nelle aree industriali dismesse.”

L’impianto a idrogeno è entrato in funzione al Meucci lo scorso 23 gennaio 2023 e rappresenta un vero punto di svolta per l’energia green e per le centrali termiche destinate agli edifici scolastici.

Nello specifico, il sistema di generazione installato si compone di una caldaia alimentata a gas idrogeno prodotto sul posto attraverso l’impianto fotovoltaico installato sulla copertura della palestra dell’istituto, il quale a sua volta alimenta una serie di elettrolizzatori a celle elettrolitiche.

Se consideriamo che il bando per i servizi energetici della Provincia di Modena ha un valore di 25 milioni di euro e interessa novanta edifici della suola secondaria di primo e secondo grado di proprietà della provincia, l’esperienza del Meucci può davvero segnare un cambiamento epocale.

Commenta il presidente della Provincia di Modena, Gian Domenico Tomei: “Si tratta del primo passo concreto nel nostro territorio verso la riconversione dell’energia negli edifici pubblici. Abbiamo intuito alcuni anni fa che la riconversione energetica sarebbe stata un’esigenza per tutti, oggi siamo gli apripista in Italia nel riscaldamento a idrogeno delle scuole. Il fatto poi che l’energia necessaria alla produzione di idrogeno, venga prodotta da un impianto fotovoltaico, rende il progetto pienamente sostenibile.”

“Questo bando rappresenta la ferma volontà di avviare una vera e propria rivoluzione verde nel consumo energetico dei nostri edifici. Con questo bando, tutti gli istituti scolastici superiori saranno più ecosostenibili, meglio riscaldati e soprattutto meno impattanti per l’ambiente. La scuola sta vivendo una grande emergenza,” continua Tomei, “e ogni giorno lavoriamo per rendere migliori i nostri istituti, adattandoli alle norme di sicurezza, sia strutturali che sanitarie. Sulle scuole di Carpi stiamo investendo risorse importanti per garantire tutti gli spazi necessari per gli istituti in costante crescita ma anche il confort e le strutture didattiche all’altezza delle esigenze delle scuole. Siamo consapevoli, tuttavia, che questo nell’immediato non è sufficiente ed abbiamo avviato con il Comune un confronto per individuare nuovi spazi da mettere a disposizione già dal prossimo anno scolastico. Da tempo avevamo in programma l’ampliamento del polo e ora che le risorse sono arrivate possiamo partire. Complessivamente a Carpi abbiamo in programmazione investimenti per manutenzioni e ristrutturazioni per oltre quattro milioni di euro, grazie anche alle risorse del Pnrr.”

Si informa la gentile clientela che gli orari di apertura al pubblico del Gelsia Point di Trezzo sull’Adda dal 20 al 31 marzo saranno i seguenti:

  • Lunedì, Mercoledì e Venerdì dalle 9.00 alle 13.00
  • Martedì e Giovedì dalle 14.00 alle 18.00

Per informazioni è possibile contattare il call center Gelsia al numero verde 800.478.53 (gratuito da rete fissa e mobile), attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 20.00, sabato dalle 9.00 alle 14.00 o consultare il nostro sito gelsia.it.

 

 

Eaton, l’azienda globale di gestione energetica, ha nelle scorse settimane pubblicato quelli che, secondo l’opinione dei suoi analisti, saranno i principali trend energetici del futuro.

Eaton conferma che, già a partire da quest’anno, a guidare l’implementazione di nuovi modelli per la produzione di energia elettrica sarà la transizione energetica necessaria a soddisfare gli obiettivi di neutralità climatica imposti dall’Unione Europea.

L’analisi cui si fa riferimento inizia tuttavia dal 2022, un anno che ha segnato l’inizio del conflitto in Ucraina e, di riflesso, inevitabilmente modificato il settore dell’energia a livello mondiale generando un sensibile aumento dei prezzi (abbiamo dedicato alla crisi energetica dello scorso anno un articolo che puoi leggere qui). Come conseguenza di tale situazione, sono stati numerosi i Paesi che hanno scelto di investire sempre più risorse nello sviluppo delle energie rinnovabili così da vedersi garantito un grado di indipendenza energetica progressivamente maggiore.

Per quanto riguarda il prossimo futuro, le tendenze secondo Eaton saranno essenzialmente tre: decarbonizzazione, digitalizzazione e decentralizzazione.

La produzione decentralizzata dell’energia per favorire la decarbonizzazione

Il termine “decentralizzazione” si riferisce alla produzione decentralizzata dell’energia, ossia al sempre più frequente passaggio degli utenti– siano essi singole abitazioni o aziende – da una modalità consumer a una modalità prosumer.

Quest’ultimo termine fonde al proprio interno le parole “produttore” e “consumatore” e si riferisce a coloro che sceglieranno di generare in modo autonomo una parte della propria energia utilizzando fonti diverse (ad esempio i sistemi fotovoltaici). I nuovi utenti prosumer utilizzeranno anche sistemi di accumulo dell’energia per ottimizzare i consumi dell’energia che auto-producono.

In considerazione della riduzione della loro dipendenza dai combustibili fossili, è facile intuire il ruolo importantissimo che queste nuove figure giocheranno nel contrasto al cambiamento climatico. Allo stesso tempo, la quantità di energia che verrà generata a livello locale permetterà all’intero Paese di limitare le importazioni dall’estero, e favorirà quindi l’indipendenza energetica.

Al momento attuale, resta comunque da chiarire come gestire al meglio i momenti di picco della domanda, durante i quali la stabilità della rete dovrà mantenersi costante e rispondere anche alle esigenze (variabili) dei prosumer.

Nell’ambito della produzione decentralizzata dell’energia, ci si attende anche che gli operatori di rete sfruttino la cosiddetta “flessibilità della domanda”: in parole semplici, con il passare del tempo i prosumer acquisteranno sempre maggiore familiarità con le dinamiche di produzione e venderanno alla rete l’energia in esubero prodotta dai propri sistemi di accumulo per trarne profitto. Un recente report DNV pubblicato da SmartEn e supportato proprio da Eaton indica che, beneficiando appieno della flessibilità della rete, si potrebbero risparmiare fino a 29.1 miliardi di euro e 37.5 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra l’anno entro il 2030.

Digitalizzazione: infrastrutture rinnovate e cyber-sicurezza

Per quanto riguarda l’aspetto della digitalizzazione, esso è necessario a supportare il nuovo modello energetico, per sua natura complesso, dinamico e variabile nella richiesta.

La sfida del settore delle utilities è duplice: da un lato è necessario digitalizzare le reti; dall’altro, fare in modo che siano supportate da infrastrutture aggiornate, performanti e sicure. L’intero sistema fisico, così come quello digitale, dovrà essere quindi correttamente preparato per la transizione energetica e per l’elaborazione di una grande quantità di dati, tenendo conto che tale integrazione di informazioni in un solo sistema potrà aumentarne la vulnerabilità ai cyber-attacchi.

Per raggiungere gli obiettivi di sicurezza necessari a garantire che le infrastrutture energetiche non vengano compromesse, i settori dell’energia e della cyber-security dovranno lavorare gomito a gomito investendo e sviluppando tecnologie innovative per una gestione ottimale del risk management.

In particolare in termini di rinnovamento delle infrastrutture, gli interventi sono e saranno molteplici, e uno dei più interessanti è senza dubbio quello relativo ai quadri elettrici privi di gas SF6.

L’impiego di questo gas nei quadri elettrici di media tensione è già vietato in UE e in altri Paesi da metà 2020 perché responsabile del riscaldamento globale. Per il futuro, ci si attende quindi lo sviluppo di alternative performanti, specie in considerazione di reti decentralizzate ad alta intensità di energia rinnovabile che richiedono frequenti commutazione.

Va da sé che a fronte dello sviluppo di tecnologie efficienti aumenteranno anche gli incentivi ad eliminare del tutto – e in tempi molto rapidi – il gas SF6.

Si informa la gentile clientela che i Gelsia Point di Seregno, Lissone, Limbiate, Cesano Maderno e Desio   saranno CHIUSInella giornata di GIOVEDI’ 2 MARZO dalle 13.00 alle 16:00.

Per informazioni è possibile contattare il call center Gelsia al numero verde 800.478.53 (gratuito da rete fissa e mobile), attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 20.00, sabato dalle 9.00 alle 14.00 o consultare il nostro sito gelsia.it.

 

 

Come è noto, l’industria delle costruzioni richiede il consumo e la trasformazione di una grande quantità di materie prime e, di conseguenza, necessita anche del soddisfacimento di esigenze energetiche molto elevate.

Al fine di limitare quanto più possibile l’impronta ecologica del settore è quindi importante muoversi lungo diverse direttrici: individuando materiali, tecnologie e processi sempre più sostenibili; costruendo edifici meno inquinanti; favorendo l’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili; contribuendo a un’edilizia circolare e sempre più virtuosa; riciclando e riutilizzando i materiali.

Quest’ultimo punto è guardato con grande attenzione dal settore delle energie pulite: i produttori di impianti sono infatti consapevoli di doversi impegnare a valorizzare i rifiuti e i materiali “a fine vita” trasformandoli in nuovi prodotti e soluzioni da reintegrare nei cicli produttivi.

Nel caso degli impianti fotovoltaici, quali sono quindi le corrette modalità di smaltimento e in che modo il rifiuto può essere trasformato in una nuova risorsa, recuperando materiali e limitando il consumo di energia e di emissioni?

Cerchiamo di fare chiarezza nei paragrafi a seguire.

La differenza tra riciclo primario e riciclo secondario

Per capire come si smaltiscono i pannelli fotovoltaici è importante prima di tutto evidenziare la differenza tra riciclo primario e riciclo secondario.

Il riciclo primario si verifica quando il rifiuto non viene modificato né dal punto di vista meccanico né da quello chimico: viene, in pratica, semplicemente recuperato e impiegato per altre applicazioni. Un esempio classico di riciclo primario è quello dei coppi di un tetto avanzati, che potranno essere applicati sulla copertura di un capanno per gli attrezzi.

Il riciclo secondario comporta invece la lavorazione del rifiuto, principalmente di tipo meccanico, così da permetterne il recupero e il riuso. Questo tipo di approccio interessa molti materiali e prodotti utilizzati ogni giorno in edilizia, come ad esempio il vetro (totalmente riciclabile), il legno (evitando l’abbattimento di nuovi alberi), l’acciaio (per creare nuovi semilavorati) o l’alluminio (la cui rilavorazione produce un significativo risparmio energetico rispetto alla nuova produzione di materiale).

Sulla base di queste specifiche modalità di riciclo, vediamo ora come è possibile intervenire per smaltire i pannelli fotovoltaici in modo tale da favorire la loro re-immissione nel ciclo produttivo.

Lo smaltimento degli impianti fotovoltaici

Lo smaltimento degli impianti fotovoltaici fa riferimento alle specifiche RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) che già interessa i tradizionali elettrodomestici presenti nelle nostre case: da quelli grandi come frigoriferi e lavatrici a quelli più piccoli, come asciugacapelli e frullatori.

Tuttavia, bisognerà prestare attenzione sia alla natura degli apparecchi da smaltire sia ai materiali con cui questi sono stati costruiti e, in tal senso, si procederà in un ciclo composto da raccolta differenziata con messa in sicurezza dei materiali, trattamento o rilavorazione di quelli riutilizzabili, effettivo riciclo e preparazione alla re-immissione in commercio per il concreto riutilizzo.

Il principale vantaggio dato dallo smaltimento dei pannelli fotovoltaici è legato al fatto che praticamente tutti i materiali che li compongono potranno essere recuperati, trattandosi di alluminio, vetro, rame, argento, silicio, stagno, polimeri e piccole parti di piombo. A fronte di una gestione corretta del rifiuto, si stima che la percentuale di riciclo dell’impianto a energia solare possa arrivare fino al 95%.

Generalmente, un impianto fotovoltaico viene rottamato dopo circa venticinque anni di utilizzo: è questa infatti la sua vita media. Dal momento che questi sistemi di produzione di energia pulita sono relativamente giovani, ci troviamo oggi per la prima a volta a dover smaltire i primissimi impianti ed è molto importante definire un percorso corretto e virtuoso che affronti la gestione del rifiuto in modo tanto pulito quanto la produzione di energia “green”: in questo modo, i materiali che compongono gli impianti potranno rivelarsi una risorsa ricchissima da reintegrare in modo circolare sul mercato.

Il primo passo per smaltire correttamente gli impianti fotovoltaici consisterà quindi sempre nello smontaggio dei pannelli e nella separazione dei materiali che li compongono.

Seguendo le indicazioni presenti nella normativa sui RAEE, i pannelli fotovoltaici rientrano nel raggruppamento n°4 (R4). La modalità di smaltimento e i relativi costi sono legati ad alcune caratteristiche dell’impianto, come la sua potenza nominale, la data dell’installazione e gli eventuali incentivi statali disponibili.

La potenza nominale è quella relativa all’impianto fotovoltaico. Quando tale valore è inferiore ai 10 kW lo smaltimento avverrà secondo i criteri dell’impianto domestico, mentre a fronte di una potenza superiore ai 10 kW bisognerà fare riferimento allo smaltimento di un impianto professionale anche se il sistema è di proprietà di una persona fisica o di un soggetto privato.

Gli impianti fotovoltaici domestici devono essere smaltiti dal proprietario nel Centro di Raccolta dei RAEE di riferimento, senza alcun onere economico da sostenere.

Nel caso dell’impianto fotovoltaico professionale bisognerà riferirsi invece alla normativa sui RAEE del 2014, che integra la Direttiva Europea del 2012:

  • Se l’impianto è stato installato prima del 12.04.2014: i costi di smaltimento ricadono sul proprietario, che potrà comunque avvalersi della modalità di ritiro “Uno contro Uno”. A fronte quindi dell’acquisto di un nuovo impianto fotovoltaico, sarà l’azienda produttrice di quest’ultimo a prendersi carico dello smaltimento del sistema esausto.
  • Se l’impianto è stato installato dopo il 12.04.2014: il costo dello smaltimento sarà a carico del produttore del sistema, mentre il proprietario non dovrà sostenere alcuna spesa.

Vale infine la pena specificare i principali aggiornamenti del MITE pubblicati nell’agosto 2022 a seguito del recepimento delle direttive della Legge 233/2021 di conversione del DL152/2021:

  • La quota trattenuta dal GSE è pari a 10 euro per modulo fotovoltaico a garanzia delle operazioni di smaltimento, sia per gli impianti domestici che per quelli professionali.
  • Sono state introdotte nuove tempistiche e modalità per l’adesione a un Sistema Collettivo di gestione e smaltimento dei pannelli così come indicato nel Decreto Legislativo 118/2020, sempre confermando l’importo di 10 euro di quota trattenuta per singolo modulo fotovoltaico.

I cosiddetti “solar trees” – ossia gli alberi solari – sono considerati tra le soluzioni più interessanti per il fotovoltaico del futuro, in particolare perché permettono l’installazione di moduli in verticale.

E c’è di più: questi innovativi impianti di produzione di energia pulita sono sistemi estremamente flessibili dal punto di vista applicativo e per questo potrebbero rivelarsi centrali per i contesti più diversi, dall’industria all’agricoltura, dal residenziale fino alla ricarica dei veicoli elettrici.

Cosa sono i solar trees

Gli alberi solari sono impianti fotovoltaici caratterizzati da una particolare struttura verticale che ricorda, appunto, quella di un albero. Composti da un “tronco” alla base e da “rami” sui quali vengono posizionati i pannelli che formano a loro volta una “chioma di foglie”, i solar tree catturano in questo modo l’energia solare trasformandola poi in elettricità.

La batteria centrale che è al cuore del sistema si trova all’interno della struttura verticale, ossia nel “tronco” dell’albero solare.

Dal punto di vista tecnologico, i solar trees non sono molto diversi dai comuni sistemi fotovoltaici: sono infatti progettati con il medesimo scopo e hanno essenzialmente la stessa funzionalità. Tuttavia, sono considerati di particolare interesse perché, sviluppandosi verso l’alto anziché in orizzontale, necessitano soltanto di una frazione di superficie a terra rispetto agli impianti tradizionali e possono quindi fare la differenza se installati in zone ad ampia densità urbana, dove lo spazio è limitato.

In questo senso, la loro utilità è legata al fatto che possono contribuire all’ombreggiamento delle strade e delle aree cittadine con la loro “corona di foglie”: particolare non trascurabile, dal momento che ombreggiare significa anche ridurre l’energia termica riflessa dall’asfalto e dal cemento, e quindi le isole di calore.

A questi vantaggi principali vanno sommati l’eccellente impatto estetico e il livello di manutenzione che gli alberi solari richiedono, davvero molto limitato. Essenzialmente, ci troviamo quindi di fronte a una soluzione energetica pulita che rappresenta anche un eccellente esempio di architettura sostenibile.

Gli altri vantaggi degli alberi solari

Nel paragrafo precedente abbiamo elencato alcuni dei più immediati vantaggi legati ai solar trees, gli innovativi impianti fotovoltaici progettati per avere una struttura in tutto e per tutto simile a quella di un albero: scarse esigenze di manutenzione, ottima estetica, poco spazio occupato a terra, ombreggiamento delle zone urbane e conseguente contrasto alle isole di calore cittadine.

Tuttavia, ci sono anche altri benefici legati a questa particolare soluzione. Gli alberi solari possono essere progettati in modo modulare così da costituire vere e proprie “foreste energetiche” all’interno delle città: una soluzione di questo tipo è già stata messa in atto a Singapore, in un progetto molto ambizioso chiamato Gardens by the Bay.

Un’altra installazione di “foreste solari” di grande interesse è il Solar Tree progettato dallo studio di architettura e design NUDES: una vera e propria torre fotovoltaica sormontata da una capsula di vetro e che permette una visuale panoramica unica sullo spazio circostante.

Siamo in questo caso di fronte a un esempio di architettura modulare composta da celle prefabbricate in legno e acciaio, che ospitano “foglie solari” per la raccolta di energia. Si tratta di un progetto estremamente evoluto che non soltanto permette una fruizione esclusiva della torre, ma che è stato concepito anche per una piena autonomia energetica associata alla completa integrazione con il paesaggio circostante.

L’integrabilità degli alberi solari in città densamente popolate –le sempre più diffuse metropoli – permette di rispondere a diverse esigenze non solo di tipo energetico, ma anche stilistico e funzionale. Nel primo caso, consente infatti di ovviare al problema della mancanza di superficie sufficiente per installare sistemi fotovoltaici standard, sia a terra sia sulle coperture degli edifici. Nel secondo caso, migliora significativamente l’aspetto delle città e la loro vivibilità. Nel terzo, favorisce l’impiego di energia pulita per le attività più diverse, da quelle di aziende e industrie fino alle applicazioni residenziali, agricole e di mobilità urbana.

Si informa la gentile clientela che i Gelsia Point di Seregno, Lissone, Limbiate, Cesano Maderno e Desio saranno CHIUSI nelle fasce orarie dei seguenti giorni:

  • VENERDì 20 GENNAIO dalle 13.00 alle 15:00
  • VENERDì 03 FEBBRAIO dalle 13.00 alle 18.30

Per informazioni è possibile contattare il call center Gelsia al numero verde 800.478.53 (gratuito da rete fissa e mobile), attivo dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 20.00, sabato dalle 9.00 alle 14.00 o consultare il nostro sito gelsia.it.

 

 

Continua il trend positivo delle energie rinnovabili, che oltre a essere ormai considerate l’energia del futuro, diventano sempre di più anche il futuro di tanti lavoratori.

Secondo quanto riportato nella nuova edizione del rapporto “Renewable Energy and Jobs Annual Review 2021” prodotto da IRENA, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili, in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), nel 2021 le figure professionali impiegate nel settore della “green energy” sono aumentate di settecentomila unità rispetto all’anno precedente, raggiungendo il totale di 12,7 milioni di persone in tutto il mondo.

Circa due terzi di questi posti di lavoro si trovano in Asia e la Cina (che esporta nel mondo circa la metà dei suoi moduli fotovoltaici) vanta da sola ben il 42% dei lavoratori totali, seguita dai Paesi dell’UE e dal Brasile (con il 10% dei professionisti ciascuno) e da Stati Uniti e India (con il 7% dei lavoratori a testa).

Tale ascesa è ancora più evidente se le ultime cifre vengono paragonate a quelle del 2019 (11,5 milioni), del 2018 (11 milioni) e del 2012 (7,3 milioni) e specialmente se si considerano l’impatto trasversale dell’emergenza sanitaria causata dal COVID-19 e l’attuale crisi energetica.

Il fotovoltaico continua a guidare il settore della green energy

Quello del 2021 è il nono rapporto annuale pubblicato da IRENA, che sottolinea come a trainare l’industria delle rinnovabili sia il fotovoltaico: da solo, questo comparto impiega infatti circa 4,3 milioni di lavoratori, ossia più di un terzo del totale. Segue il settore eolico, che occupa oggi nel mondo 1,3 milioni di persone, un numero che potrebbe aumentare nel prossimo futuro in considerazione degli attuali investimenti nella costruzione delle infrastrutture necessarie alle installazioni offshore.

Nello specifico, il fotovoltaico in Europa impiega – secondo l’EU Solar Jobs Report 2022 di SolarPower Europe466mila persone, con un incremento di più del 30% rispetto al 2020 (quando i lavoratori nel settore erano 358mila). Si procede bene, quindi, ma si può fare meglio – specialmente in considerazione degli ambiziosi obiettivi di sicurezza energetica fissati dall’UE, di cui abbiamo parlato più in dettaglio in questo nostro articolo.

È anche importante sottolineare che questa tendenza in crescita – che continua ormai dal 2012 – potrebbe subire un’impennata ancora maggiore a fronte di politiche internazionali di supporto che si impegnino a guidare in modo concreto e continuo la transizione energetica dei vari Paesi fino al raggiungimento della reale neutralità climatica. In uno scenario tale, l’occupazione nel settore delle rinnovabili continuerebbe ad aumentare, generando importantissimi benefici socioeconomici sia per i singoli lavoratori che per le comunità nel loro complesso.

Per quanto riguarda comunque le previsioni future, lo studio di IRENA stima che entro il 2030 i lavoratori impegnati nelle energie rinnovabili toccheranno quota mondiale 38.2 milioni: questo risultato potrà essere ottenuto a fronte di una reale transizione energetica e di investimenti mirati portando, sul lunghissimo termine, alla creazione di ben 139 milioni di posti di lavoro (74 milioni dei quali concentrati negli ambiti d’efficientamento energetico, veicoli elettrici, power system/flessibilità e idrogeno).

Come il COVID-19 ha impattato sul settore delle energie rinnovabili

Tra gli insight più interessanti pubblicati nel rapporto IRENA 2021 figura l’impatto avuto dalla pandemia di Coronavirus sul settore delle energie rinnovabili nel suo complesso.

In tal senso, scopriamo che gli inevitabili e ben noti ritardi nelle catene di approvvigionamento hanno in vari casi provocato gravi conseguenze sui posti di lavoro. Tale contraccolpo è stato registrato in diversi segmenti di mercato e in vari Paesi in modo variabile.

Così riporta il dossier: “Le controversie commerciali e le rivalità geopolitiche stanno rafforzando l’interesse per la localizzazione delle supply chain, sia per implementare la resilienza a fronte di shock esterni sia per stimolare la creazione di nuova occupazione e valore interno. Numerosi Paesi stanno adottando misure commerciali e strategie di politica industriale per realizzare ed espandere le loro catene di approvvigionamento. Altri obiettivi politici chiave includono la garanzia che i posti di lavoro siano dignitosi e che forniscano pari opportunità a donne, giovani e minoranze.”

Conferma i valori positivi dell’industria delle rinnovabili anche Francesco LaCamera, Direttore Generale di IRENA, in un commento rilasciato poco dopo la pubblicazione del dossier: “Di fronte a numerose sfide, i posti di lavoro nelle energie rinnovabili hanno dimostrato la loro resilienza; il mio consiglio ai governi di tutto il mondo è di perseguire politiche industriali che ne incoraggino la crescita a livello nazionale. In questo modo aumenteranno le opportunità commerciali e di lavoro, ma anche l’affidabilità della catena di approvvigionamento, contribuendo a una maggiore sicurezza energetica in generale.”

Le misure per promuovere l’economia circolare nel settore delle rinnovabili

Infine, molto interessante nel report IRENA è l’elenco delle dodici azioni che possono accelerare un approccio circolare nel design, nella produzione e nella gestione delle infrastrutture destinate alle energie rinnovabili. Tali step possono – e dovrebbero – essere applicati in ogni Paese così generare benefici a cascata per le aziende, i lavoratori e le comunità.

Eccoli a seguire:

  1. Generazione di dati, statistiche, analisi e ricerche più specifiche, disaggregate per genere.
  2. Diffusione dell’educazione all’economia circolare come mezzo essenziale per ridurre la carbon footprint del settore.
  3. Impegno concreto ai più alti livelli del processo decisionale per rendere l’economia circolare un obiettivo di settore condiviso.
  4. Adozione di leggi, regolamenti, politiche e piani coerenti a una reale transizione verso la circolarità.
  5. Messa in atto di politiche macroeconomiche, commerciali, fiscali e di mercato che offrano concreto sostegno.
  6. Progettazione di infrastrutture per le rinnovabili con obiettivi di durata nel tempo, riutilizzo e riciclaggio sicuro.
  7. Rivalutazione degli attuali modelli di business delle energie pulite e delle catene di approvvigionamento in una prospettiva di crescita a lungo termine del settore.
  8. Incentivazione all’adozione e all’innovazione di modelli di business basati sulle rinnovabili.
  9. Diminuzione della dipendenza da materiali vergini e reintegrazione dei materiali riciclati.
  10. Riduzione della produzione di rifiuti e inquinamento e miglioramento delle condizioni di lavoro nella produzione di infrastrutture per l’energia rinnovabile.
  11. Mantenimento delle infrastrutture e delle attrezzature per tempi più prolungati.
  12. Incremento degli investimenti in sistemi avanzati di manutenzione, riutilizzo, riparazione, riciclaggio a circuito chiuso e aperto e gestione dei rifiuti.

Questi approcci virtuosi, uniti all’orientamento all’indipendenza energetica laddove possibile, saranno driver fondamentali perché il settore della green energy possa continuare a fiorire anche sul lungo periodo.

GeoLagon rappresenta uno dei progetti urbanistici più energeticamente intelligenti mai concepiti a livello globale: si tratta infatti del primo eco-villaggio al mondo a essere totalmente autosufficiente grazie all’impiego di energia geotermica. Perdipiù, si stima che l’energia che produrrà sarà addirittura superiore a quella necessaria alla sua “sopravvivenza” grazie alla messa in atto di una serie di strategie sostenibili.

Ma cos’è esattamente GeoLagon? Il nome si riferisce alla società che ha preso in carico il progetto di realizzazione di un villaggio sviluppato tutto attorno a una laguna geotermica in Québec. La partenza ufficiale della costruzione è fissata per il marzo del 2023 nella cittadina di Charlevoix, e prevede uno sviluppo totale su una superficie di 12.000 metri quadrati, dove verranno collocati centinaia di chalet energeticamente autonomi e pienamente abitabili in ogni momento dell’anno.

Le fonti di energia rinnovabile che verranno utilizzate dall’eco-villaggio (quello previsto per il 2023 è solo il primo di numerosi nuclei abitativi analoghi che dovrebbero essere sviluppati in futuro) saranno di diversa tipologia: geotermica, biomassa e solare. Particolarmente interessante è un sistema sviluppato dalla società GeoLagon e attualmente in attesa di brevetto, che sfrutta un grande serbatoio termale posizionato al di sotto della laguna naturale. Tale sistema sarà integrato con un ecosistema energetico composto da fonti rinnovabili di diversa provenienza.

Il serbatoio sfrutterà poi il substrato termico generato dalla presenza della laguna naturale, mantenendo l’acqua a una temperatura costante di 70°C e offrendo quindi tutta l’energia necessaria a riscaldare l’eco-villaggio. Tale strategia si rivelerà molto utile soprattutto in inverno, quando le temperature canadesi sono solite precipitare fino a una quindicina di gradi sotto lo zero.

Secondo gli ingegneri impegnati a lavorare attivamente sul progetto, il sistema messo a punto da GeoLagon sarà un successo e permetterà di coprire il 100% dei fabbisogni energetici dell’eco-villaggio, senza alcuna necessità di impiego di combustibili fossili.

Non solo calore: ecco come GeoLagon gestirà tutta la sua energia

Per quanto riguarda infine la fornitura dell’acqua, risorsa ormai sempre più scarsa e giustamente considerata molto preziosa, il nucleo abitativo verrà servito da un sistema di recupero e filtraggio delle acque piovane.

A queste strategie ecosostenibili al cuore del progetto si uniranno ulteriori tecnologie “pulite” per soddisfare le esigenze energetiche della popolazione, come ad esempio l’installazione di impianti fotovoltaici sulle coperture degli chalet, di pompe di calore e di sistemi per il recupero del calore delle acque di scarico.

Nel complesso, l’obiettivo finale del progetto GeoLagon è ottenere una produzione di energia complessiva addirittura superiore a quella realmente necessaria alla vita quotidiana dell’eco-villaggio, così da poterla condividere anche con le comunità vicine.